Biacco - Terra di Maremma

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Biacco (Hierophis viridiflavus)
Il biacco (Hierophis viridiflavus Lacépède, 1789), precedentemente classificato come Coluber viridiflavus è un serpente frequente nelle campagne e nei giardini, sia in terreni rocciosi, secchi e soleggiati, sia in luoghi più umidi come le praterie e le rive dei fiumi. È detto anche "milordo" o "colubro verde e giallo".

Descrizione
La sua colorazione è dominata nelle parti superiori dal nero, il ventre è di colore chiaro. Il capo e il dorso hanno screziature di color giallo formanti un reticolo irregolare che, a partire dal basso ventre e fino all'estremità caudale assume l'aspetto di un fascio di linee longitudinali giallo-verdastre (circa venti), ma nel Meridione e nelle isole le popolazioni sono prevalentemente melaniche.

In media gli adulti raggiungono i 120–130 cm; eccezionalmente può arrivare a 2 m.

Occhio in contatto con almeno 2 sopralabiali; 187-212 vertebre nei maschi e 197-217 nelle femmine. 97-124 paia di sottocaudali nel maschio e 91-119 paia nella femmina. 19 squame dorsali.
Negli adulti la colorazione di fondo delle parti superiori è verde-giallastra. I piccoli invece presentano, fino all'età di un anno, una colorazione caratteristica: la testa presenta già il reticolo giallo e nero mentre il resto del corpo ha una tonalità grigio-celeste uniforme. Diversamente dalla biscia d'acqua, le squame del dorso sono completamente lisce.
È un serpente molto agile e veloce (fino a 11 km all'ora), ottimo arrampicatore e buon nuotatore.

Biologia
È una specie diurna. Si difende in modo primario con una velocissima fuga, spesso verso un rifugio sicuro; quando viene bloccato dispensa rapidi morsi non particolarmente potenti. Si nutre di altri rettili (in particolare piccoli sauri ed altri serpenti, dalle bisce d'acqua alle vipere), di uova di uccelli e nidiacei (o anche adulti di specie piccole), di piccoli mammiferi (in particolare topi e ratti) e anfibi anuri, urodeli e apodi; occasionalmente nuota agilmente in immersione, alla ricerca di piccoli pesci. Spesso lotte con alcuni animali, ramarri, lucertole ocellate, rospi di grandi dimensioni, possono avere esito ambiguo, così che la preda diventa predatore e viceversa. Se disturbato dall'uomo, preferisce la fuga. Se afferrato, non esita ad affrontare l'aggressore e a difendersi vigorosamente con ripetuti morsi, tuttavia poco pericolosi, in quanto è completamente sprovvisto di veleno e di denti atti ad iniettarlo.

Riproduzione
È specie ovipara. La femmina depone da 5 a 15 uova ai primi di luglio che si schiuderanno tra agosto e settembre, dopo una incubazione di 6-8 settimane. Il maschio durante l'accoppiamento morde la femmina sulla nuca nell'intento di immobilizzarla.

Distribuzione

Lo si incontra nel nord-est della Francia, nel sud della Svizzera, in Italia, in Slovenia, in Croazia, in Malta. Esiste una popolazione introdotta in tempi remoti sull'isola di Gyaros in Grecia.

In Italia la specie non sembra essere minacciata, in quanto molto adattabile, ed è comune in tutte le regioni.

Onomastica latina

Coluber, dal sostantivo maschile latino coluber, - bri privo, secondo la maggior parte dei linguisti moderni di connessioni etimologiche evidenti, e utilizzato con il significato di "serpe, serpente", piccolo e di sesso maschile, da poeti e letterati a partire dal I secolo a.C. Secondo Plauto (227-183 a.C.), la forma lessicale più corretta è colubra (serpe piccola e femmina). Tuttavia, secondo Fumagalli (1889), "coluber" deriverebbe dalla trasformazione in kal- della radice kar- e significherebbe "che striscia"   Virdiflavus, da "virdis-e" (verde) e "flavus" (giallo), colori del soggetto esaminato da Bernard-Germain-Etienne de la Ville-sur-Il-lon, conte di Lacèpedè.

Onomastica italiana
Biacco potrebbe derivare dal longobardo biach (pallido) equivalente al francese beich attraverso il latino medioevale blaca, attestato a Verona nel 1319. Così erano chiamati "i piccoli serpenti dal corpo pallido trovati nelle zone rurali". L'attuale biacco è attinto dal toscano e venne usato per indicare "serpente agilissimo e non velenoso, giallo e verde, macchiettato di nero" da autori come Pascoli, D'Annunzio e Tozzetti. Nelle zone pedecollinari dell'appennino emiliano è conosciuto come scarbònas; in Italia centrale come frustone, anche in ordine alla credenza popolare secondo cui può usare il corpo per appioppare dolorose sferzate. È detto anche milordo o miroldo per la sua livrea, che ricorda quella di un elegante milord. Nella zona del Piemonte, in particolare nella Valsesia questo serpente è conosciuto come mirauda. Nella zona di Luino e nelle sue valli è chiamato smirolda.

Fonte WIKIPEDIA
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